7 ott 2016

riflessioni sul restauro estetico

restauratore in Anghiari (AR)  Toscana Italy


Riflessioni sul restauro estetico

In questi ultimi tempi mi sono capitate diverse esperienze a riguardo del restauro di oggetti di arte minore come mobili intarsiati o piccoli contenitori decorati in varie tecniche decorative.
 La molla che mi ha fatto scattare è un incontro con un mio amico, che fa il rigattiere.
 Passando dalla sua bottega, per salutarlo ho notato che metteva a posto una scatoletta di lamiera decorata, con dello stucco metallico, francamente il lavoro che stava eseguendo aveva un buon risultato e visto, che era arrivato a ricostruire le parti mancanti in maniera egregia, gli ho detto perché non riprendi anche il colore mancate? La risposta è stata perentoria non si può … il restauro deve essere neutro, concezione che da tanto tempo considero abbastanza adeguata per opere pittoriche, ma in questo caso per una cassetta che si capisce bene senza ombra di dubbio la decorazione mancante mi sembra esagerata. Comunque questa filosofia del restauro che ha condizionato da molti anni a questa parte la pratica del restauro mi ha trovato sempre un po’ abbastanza contrariato. Ad esempio quando frequentavo la scuola d’Arte del mio paese Anghiari, unico Istituto in Italia specializzato sul restauro del mobile antico, mi capitò durante le lezioni di laboratorio di restaurare un tavolo neoclassico, mancante di due gambe a forma piramidale tipiche del periodo Luigi XVI°. Ci furono diversi punti di vista come ricostruire le due gambe mancanti. Io nella mia ignoranza delle prime armi credevo cosa giusta che fossero ricostruite uguali a quelle originali che avevamo a disposizione nel tavolo, qualche insegnante per non correre il pericolo del falso le voleva fare in plexiglas, o in legno diverso per far capire le parti ricostruite, il famoso restauro scientifico. Il mio punto di vista, molto scettico su questa attuazione di intervenire in maniera scientifica la ritrovai anni dopo durante un corso di formazione per restauratori dove un professore ci fece questo esempio: pensate alla cupola del Brunelleschi dove nel corso degli anni si sono dovute ripristinare le coperture (le tegole) le rifacciamo in plexiglas o le distinguiamo con tratteggi cromatici per distinguerle da quelle originali? Penso che la risposta sia naturale. Con questo non voglio giustificare, ma in questi casi e normale di sostituire le parti mancanti con copie uguali all'originale, non è come restaurare un dipinto, che potrebbe compromettere il significato dell’opera. Le mie conclusioni al problema venute da anni di esperienze sono le seguenti.
Sono convinto che se si deve affidare a un mediocre restauratore è bene lasciare stare come sta un oggetto, ma come si fa a capire per un committente le capacità del restauratore.
Le doti indispensabili per essere un buon restauratore, a mio avviso, sono un insieme di conoscenze che devono avere avuto un percorso formativo, che una volta veniva iniziato dagli Istituti d’Arte dalla conoscenza del disegno  alla scultura  conoscenza  della storia dell’arte, la pratica delle arti figurative, il rilievo la  geometria descrittiva e un buon passaggio in una bottega artigiana dove veramente si impara concretamente il mestiere del restauratore.

Se un aspirante restauratore avrà avuto un percorso formativo insieme alle capacità individuali, e qualche corso post diploma di maturità, che perfezioni queste pratiche sicuramente otterremmo un operatore artigiano che non mancherà di sensibilità, accompagnata da una formazione scientifica e filosofica accompagnata dalla conoscenza delle tecniche antiche.
Questo è stato il mio percorso formativo.
Se fossi un committente che devo fare un restauro di qualunque tipo, la prima cosa che chiederei a un artigiano restauratore la prova del disegno, mi piacerebbe vedere quello che riesce a fare con le mani e con il cervello, prima di affidargli un restauro. Non basta metterci addosso un camice bianco da dottore, da una bella immagine di professionalità ma la maggior parte delle volte e solo apparenza. Per quanto riguarda invece dei clienti antiquari, guardano più all'aspetto della bottega che non deve proprio essere ordinata anzi più confusione c’è tra pezzi rotti e legni accatastati alla bene meglio da un valore aggiunto alla bottega.
Tempo fa mi venne a trovare un sedicente antiquario, la mia bottega non piacque perché era troppa ordinata e c’era poco materiale da restaurare, la sua affermazione fu che io non ero uno che poteva fare il restauratore, visto che avevo poco materiale di recupero antico e quindi se c’era la necessità di fare un falso chiaramente mancava la materia prima. Queste situazioni fanno capire quanto è difficile stare nel mercato del restauro.

Sono sempre più convinto che un buon falsario è anche un bravo restauratore, questo è blasfemo per le Istituzioni, ma per il mondo dell’antiquariato e tutt'altra cosa. Quello che mi disturba è che se vuoi lavorare per i beni culturali o sei figlio di o conosci il prete di turno, forse lavori, sennò non ce trippa per gatti. Questa è l’Italia che non sa riconoscere o meglio dire non vuole riconoscere gli artigiani che sanno fare il proprio mestiere. I casi ce ne sono molti, restauratori usciti da scuole anche affermate formati molto bene per la parte teorica ma per la parte pratica lasciano molto a desiderare.
Comunque fatta questa premessa che può o non può essere condivisibile, mi piace fare alcuni esempi molto terra a terra, ma penso comprensibili.
Questo esempio è relativo al pensiero di molti antiquari che non vogliono far sapere o meglio nascondere gli interventi di restauro, la loro opinione è che se il manufatto originale viene ricostruito delle parti mancanti si deprezza il valore, dicendo ma sono più le parti nuove che quelle originali. Da una parte è comprensibile ma come nel caso che sto descrivendo e meglio un oggetto restaurato male anni fa con dello stucco al posto del legno o è meglio aver fatto un buon restauro rimettendo le essenze mancanti?
Altra considerazione, tempo fa andando in giro per la Germania a cantare canzoni popolari toscane, con i miei amici di cantori andammo a visitare la Residenza del Comune di Monaco, entrammo nel salone principale bellissimo, e mi chiesero visto che sanno che pratico come lavoro il restauro se questa stanza era originale dell’epoca. Per me a vista d’occhio era perfetta, e confermai la mia opinione. Peccato che dopo girando nella seconda stanza adiacente c’era tutta la documentazione fotografica inerente all'ultima guerra mondiale che aveva raso al suolo questa bellissima residenza. Le mie conclusioni ritornando all'uso e agli interventi di restauro, a questo punto questa residenza non vale più niente…oppure aveva riacquistato valore? a me è sembrato che c’era la fila per entrare e a pagare il biglietto per vedere anche se ricostruito magistralmente un palazzo che se si lasciava stare per quello che aveva subito non valeva più niente.
Tempo fa mi è capitato di restaurare un cassapanca intarsiata, che era stata riempita con dello stucco al posto dei filetti in legno, e mancava di numerose tessere intarsiate in avorio.
Mi è stato chiesto di ripristinare e sostituire lo stucco e reinserire i filetti di legno della stessa essenza originale, che ho potuto trarre da alcuni, per fortuna filetti originali per quanto riguarda le tessere con tasti di avorio recuperati da pianoforti vecchi oramai non più utilizzabili. 
cassapanca prima dell'intervento di restauro

Chiaramente il proprietario non vuole che si sappia sennò l’oggetto gli perde di valore a suo avviso. Ma è così? 
 Si è vero che l’oggetto avrà molte decorazioni ex novo, ma se fatte bene e invecchiate magistralmente, sarà sempre meglio di una cassetta di stucco… il lavoro del restauratore deve avere comunque un rispetto e una sensibilità per l’oggetto e se fatto a regola d’arte ha anche un suo valore aggiunto, al contrario se si dà in mano ad improvvisatori si ottiene l’effetto opposto. 
durante l'intervento di restauro

Quindi per me non sta tanto a che tipo di restauro integrativo si fa, ma chi sa fare il restauro, che come è da tanto tempo dico, solamente artisti o forse meglio chiamare maestri artigiani riescono a fare. 

a fine restauro
Se non ricordo male anche Michelangelo fece qualche scherzetto facendo dei falsi, o basta ripensare alle cantonate di grandi studiosi di storia dell’arte sulle sculture di Modigliani. Di esempi se ne potrebbero fare molti, ma tanto non si salta il fosso, ripetendomi sta al bravo operatore che persona sensibile e preparata mentalmente e culturalmente, conoscitore delle tecniche antiche, con un occhio alle nuove tecnologie e ai nuovi materiali innovativi, che si può ottenere nel limite del possibile un buon restauro conservativo.

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