restauratore in Anghiari (AR) Toscana Italy
Riflessioni sul restauro estetico
In questi ultimi tempi mi sono capitate diverse esperienze a
riguardo del restauro di oggetti di arte minore come mobili intarsiati o
piccoli contenitori decorati in varie tecniche decorative.
La molla che mi ha
fatto scattare è un incontro con un mio amico, che fa il rigattiere.
Passando dalla sua
bottega, per salutarlo ho notato che metteva a posto una scatoletta di lamiera
decorata, con dello stucco metallico, francamente il lavoro che stava eseguendo
aveva un buon risultato e visto, che era arrivato a ricostruire le parti
mancanti in maniera egregia, gli ho detto perché non riprendi anche il colore
mancate? La risposta è stata perentoria non si può … il restauro deve essere
neutro, concezione che da tanto tempo considero abbastanza adeguata per opere
pittoriche, ma in questo caso per una cassetta che si capisce bene senza ombra
di dubbio la decorazione mancante mi sembra esagerata. Comunque questa
filosofia del restauro che ha condizionato da molti anni a questa parte la
pratica del restauro mi ha trovato sempre un po’ abbastanza contrariato. Ad esempio
quando frequentavo la scuola d’Arte del mio paese Anghiari, unico Istituto in
Italia specializzato sul restauro del mobile antico, mi capitò durante le
lezioni di laboratorio di restaurare un tavolo neoclassico, mancante di due
gambe a forma piramidale tipiche del periodo Luigi XVI°. Ci furono diversi
punti di vista come ricostruire le due gambe mancanti. Io nella mia ignoranza
delle prime armi credevo cosa giusta che fossero ricostruite uguali a quelle
originali che avevamo a disposizione nel tavolo, qualche insegnante per non
correre il pericolo del falso le voleva fare in plexiglas, o in legno diverso
per far capire le parti ricostruite, il famoso restauro scientifico. Il mio
punto di vista, molto scettico su questa attuazione di intervenire in maniera
scientifica la ritrovai anni dopo durante un corso di formazione per
restauratori dove un professore ci fece questo esempio: pensate alla cupola del
Brunelleschi dove nel corso degli anni si sono dovute ripristinare le coperture
(le tegole) le rifacciamo in plexiglas o le distinguiamo con tratteggi
cromatici per distinguerle da quelle originali? Penso che la risposta sia naturale.
Con questo non voglio giustificare, ma in questi casi e normale di sostituire
le parti mancanti con copie uguali all'originale, non è come restaurare un
dipinto, che potrebbe compromettere il significato dell’opera. Le mie
conclusioni al problema venute da anni di esperienze sono le seguenti.
Sono convinto che se si deve affidare a un mediocre
restauratore è bene lasciare stare come sta un oggetto, ma come si fa a capire
per un committente le capacità del restauratore.
Le doti indispensabili per essere un buon restauratore, a
mio avviso, sono un insieme di conoscenze che devono avere avuto un percorso
formativo, che una volta veniva iniziato dagli Istituti d’Arte dalla conoscenza
del disegno alla scultura conoscenza
della storia dell’arte, la pratica delle arti figurative, il rilievo
la geometria descrittiva e un buon
passaggio in una bottega artigiana dove veramente si impara concretamente il
mestiere del restauratore.
Se un aspirante restauratore avrà avuto un percorso
formativo insieme alle capacità individuali, e qualche corso post diploma di
maturità, che perfezioni queste pratiche sicuramente otterremmo un operatore
artigiano che non mancherà di sensibilità, accompagnata da una formazione
scientifica e filosofica accompagnata dalla conoscenza delle tecniche antiche.
Questo è stato il mio percorso formativo.
Se fossi un committente che devo fare un restauro di
qualunque tipo, la prima cosa che chiederei a un artigiano restauratore la
prova del disegno, mi piacerebbe vedere quello che riesce a fare con le mani e
con il cervello, prima di affidargli un restauro. Non basta metterci addosso un
camice bianco da dottore, da una bella immagine di professionalità ma la
maggior parte delle volte e solo apparenza. Per quanto riguarda invece dei clienti
antiquari, guardano più all'aspetto della bottega che non deve proprio essere
ordinata anzi più confusione c’è tra pezzi rotti e legni accatastati alla bene
meglio da un valore aggiunto alla bottega.
Tempo fa mi venne a trovare un sedicente antiquario, la mia
bottega non piacque perché era troppa ordinata e c’era poco materiale da
restaurare, la sua affermazione fu che io non ero uno che poteva fare il
restauratore, visto che avevo poco materiale di recupero antico e quindi se
c’era la necessità di fare un falso chiaramente mancava la materia prima. Queste
situazioni fanno capire quanto è difficile stare nel mercato del restauro.
Sono sempre più convinto che un buon falsario è anche un
bravo restauratore, questo è blasfemo per le Istituzioni, ma per il mondo
dell’antiquariato e tutt'altra cosa. Quello che mi disturba è che se vuoi
lavorare per i beni culturali o sei figlio di o conosci il prete di turno,
forse lavori, sennò non ce trippa per gatti. Questa è l’Italia che non sa
riconoscere o meglio dire non vuole riconoscere gli artigiani che sanno fare il
proprio mestiere. I casi ce ne sono molti, restauratori usciti da scuole anche
affermate formati molto bene per la parte teorica ma per la parte pratica lasciano
molto a desiderare.
Comunque fatta questa premessa che può o non può essere
condivisibile, mi piace fare alcuni esempi molto terra a terra, ma penso
comprensibili.
Questo esempio è relativo al pensiero di molti antiquari che
non vogliono far sapere o meglio nascondere gli interventi di restauro, la loro
opinione è che se il manufatto originale viene ricostruito delle parti mancanti
si deprezza il valore, dicendo ma sono più le parti nuove che quelle originali.
Da una parte è comprensibile ma come nel caso che sto descrivendo e meglio un
oggetto restaurato male anni fa con dello stucco al posto del legno o è meglio
aver fatto un buon restauro rimettendo le essenze mancanti?
Altra considerazione, tempo fa andando in giro per la
Germania a cantare canzoni popolari toscane, con i miei amici di cantori
andammo a visitare la Residenza del Comune di Monaco, entrammo nel salone
principale bellissimo, e mi chiesero visto che sanno che pratico come lavoro il
restauro se questa stanza era originale dell’epoca. Per me a vista d’occhio era
perfetta, e confermai la mia opinione. Peccato che dopo girando nella seconda
stanza adiacente c’era tutta la documentazione fotografica inerente all'ultima
guerra mondiale che aveva raso al suolo questa bellissima residenza. Le mie
conclusioni ritornando all'uso e agli interventi di restauro, a questo punto
questa residenza non vale più niente…oppure aveva riacquistato valore? a me è
sembrato che c’era la fila per entrare e a pagare il biglietto per vedere anche
se ricostruito magistralmente un palazzo che se si lasciava stare per quello
che aveva subito non valeva più niente.
Tempo fa mi è capitato di restaurare un cassapanca intarsiata,
che era stata riempita con dello stucco al posto dei filetti in legno, e mancava di numerose tessere intarsiate in avorio.
Mi è
stato chiesto di ripristinare e sostituire lo stucco e reinserire i filetti di
legno della stessa essenza originale, che ho potuto trarre da alcuni, per
fortuna filetti originali per quanto riguarda le tessere con tasti di avorio recuperati da pianoforti vecchi oramai non più utilizzabili.
cassapanca prima dell'intervento di restauro |
Chiaramente il proprietario non vuole che si sappia
sennò l’oggetto gli perde di valore a suo avviso. Ma è così?
Si è vero che
l’oggetto avrà molte decorazioni ex novo, ma se fatte bene e invecchiate
magistralmente, sarà sempre meglio di una cassetta di stucco… il lavoro del
restauratore deve avere comunque un rispetto e una sensibilità per l’oggetto e
se fatto a regola d’arte ha anche un suo valore aggiunto, al contrario se si dà
in mano ad improvvisatori si ottiene l’effetto opposto.
durante l'intervento di restauro |
Quindi per me non sta
tanto a che tipo di restauro integrativo si fa, ma chi sa fare il restauro, che
come è da tanto tempo dico, solamente artisti o forse meglio chiamare maestri
artigiani riescono a fare.
a fine restauro |
Se non ricordo male anche Michelangelo fece qualche
scherzetto facendo dei falsi, o basta ripensare alle cantonate di grandi
studiosi di storia dell’arte sulle sculture di Modigliani. Di esempi se ne
potrebbero fare molti, ma tanto non si salta il fosso, ripetendomi sta al bravo
operatore che persona sensibile e preparata mentalmente e culturalmente,
conoscitore delle tecniche antiche, con un occhio alle nuove tecnologie e ai
nuovi materiali innovativi, che si può ottenere nel limite del possibile un
buon restauro conservativo.
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