23 feb 2013

La mia classe


La sua impostazione molto aperta al confronto e alla discussione su i problemi politici del periodo; i suoi riferimenti ideali non necessariamente “alternativi”, ma rivolti alla consapevolezza e alla responsabilità di comportamento che ogni individuo deve avere nei confronti della società, erano la predominante del suo insegnamento.
Ricordo con piacere questo aneddoto.
Durante una lezione di plastica, noi allievi alquanto discoli per non dir peggio, facevamo “casino” come al solito; chi fumava sotto banco, chi guardava qualche rivista osé, chi dava noia alla ragazza di turno, chi tirava le palline di creta (questo era lo sport più gettonato della lezione). Insomma una classe modello. 
Il professore, visto l'andazzo poco serio e comunque insostenibile, non minacciò con una nota, né cercò d'imporsi. disse: “ o smettete o io me ne vado”. 
Vista la nostra predisposizione per la confusione se ne andò. Fu la “medicina santa”; questa modalità sensibilizzò la classe che da quel giorno si adeguò un po' più alle esigenze della lezione. 

La mia Classe
Alla fine di quell'anno scolastico, mi invitò per l'estate a frequentare il suo laboratorio artistico. Francamente, conoscendo la specializzazione del mio insegnante, credevo che mi insegnasse a modellare la creta o a creare sculture. Invece mi dette dei ferri suoi di seconda mano per la lavorazione dell'intaglio su legno. Scoprii che il professore per strappare il lunario come prima attività intagliava,e poi per diletto creava sculture. Intanto faceva supplenze a scuola. 
L'intaglio mi è sempre piaciuto. Infatti il laboratorio che frequentavo più assiduamente a scuola era proprio quello, ma lavorare su pezzi che dovevi consegnare per poi riscuotere qualche soldo era tutt'altra cosa.
Quanto ho sudato, non per la fatica ma per la difficoltà di questo mestiere, che comporta una capacità innata. Se non si ha la predisposizione difficilmente si riesce a migliorare nel tempo.
La mia permanenza nella stanza del professore (perché era una stanza, adibita con un tavolo da intaglio a laboratorio) durò per un anno o poco più. 
Dopo circa un anno me ne venni via perché la piccola stanza era diventato un laboratorio un po' inflazionato da ragazzi che conoscendo la disponibilità dell'insegnante, si erano aggregati al gruppo. Questo creava al professore una situazione difficile, io capii il problema e feci una stanzina nel fondo delle legne a casa mia.
Poi ci fu l'anno della leva militare, e quando tornai il lavoro dell'intaglio non abbondava molto. Mi venne l'idea di sentire mio zio Gnaso, tipico artigiano vecchio stampo “restauratore” di mobili, chiedendogli se mi avesse potuto tenere in bottega ad imparare il mestiere del restauratore di mobili. Devo dire che ho imparato più in sei mesi dal mio zio che in sei anni di scuola, anche se per onestà devo pure dire che gli insegnamenti scolastici mi avevano comunque dato una formazione più sofisticata e la conoscenza del disegno in tutte le sue applicazioni. 

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