9 mar 2013

riflessioni di un "mancato" insegnante d' intarsio



Fra Giovanni da Verona
al centro compasso, riga , squadra, triangolo
rettangolo e cartiglio con l'iscrizione:
"questi sono gli strumenti dell'intarsio".
in primo piano il mazzocchio
emblema dei "Maestri di Prospettiva"
e simbolo della stereometria
Tuttavia mi servì molto perché scoprii una nuova materia, anche se non ne ero proprio digiuno: la tarsia, tecnica odiata durante la frequenza scolastica per il motivo che le doti più importanti richieste per intarsiare sono la pazienza e la grande precisione, qualità che possedevo ma non le sfruttavo nelle lezioni di tarsia, dato che il mio interesse che era rivolto maggiormente alla disciplina dell'intaglio. 
Il primo approccio da insegnate fu abbastanza positivo con gli allievi, anche se la materia della tarsia io francamente non la conoscevo approfonditamente. Quindi mi trovai ad insegnare qualcosa per cui non ero adeguatamente preparato. Le varie tecniche, la storia, i segreti non li conoscevo approfonditamente; mi misi in moto con qualche libro, interpellando mio zio e osservando gli artigiani del posto.
Questa materia, la scoprii più approfonditamente durante e successivamente il periodo da insegnante studiandomela da autodidatta.
La cosa che mi ha colpito di questa tecnica fu la sua importanza nelle arti nel periodo tra la metà del quattrocento ai primi decenni del cinquecento. I quadri prospettici non avevano lo stesso significato degli intarsi applicati al mobile come pura decorazione, ma ogni iconografia, anche se di legno, coinvolgeva la filosofia, la matematica, la prospettiva, che erano i capisaldi del pensiero rinascimentale. 
Saper comprendere in maniera critica quest'arte fece passare in secondo piano il dover essere “pignoli”, che era la principale prerogativa durante il percorso da “studentello”.
Ho scoperto che la tarsia non era una tecnica solamente per persone fissate per la minuziosità dell'elaborato, come fanno molti che si credono di essere “fenomeni”a costruire, per fare un esempio, la torre Effeil con gli stecchini; questa tecnica nel suo periodo fu denominata “arte  nuova”, perché rappresentava il suo tempo al pari delle cosiddette Arti Maggiori.

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