Chiusa
la piccola parentesi d'insegnante cominciai a pensare di crearmi una bottega
che in verità era il fondo a bandoni di casa, uno spazio di dieci metri
quadrati dove cominciai ad accomodare qualche sedia e ad intagliare quello che
mi capitava. Il lavoro non è che ce n'era tanto e per rimettere a posto la mia
scacioppata cinquecento habart andavo da Pino soprannominato il sor re un uomo
alto grosso e robusto e fumava le esportazioni senza filtro a quel tempo.
Aveva un
colorito color ferro, non so per la carnagione o per le polveri del prezioso
metallo che gli si depositavano in faccia durante le sue lavorazioni, la
domenica era però di carnato chiaro ma !.
Pino al secolo Giuseppe Giorni è, forse è meglio dire è stato un ottimo
artigiano meccanico, perché a dimesso la sua carriera di artigiano da un po' di
tempo.
Frequentare
il sor re non era un compito facile entrare nella sua simpatia dipendeva da
molti fattori, il saper capire le cose al volo,essere figlio o conoscente di
persone che a lui andavano a genio, o come ho già detto per simpatia.
Io, forse presumo, avevo due carte importanti da giocare, una era
quella che il mi babbo era stato da giovane l'apprendista prediletto del babbo
di Pino e poi le cose che mi diceva di fare le compivo con impegno e con una
certa attitudine, quindi mi ha sempre trattato come un suo allievo di bottega.
Infatti mi insegnava di tutto a misurare con il calibro il centesimale, i
rapporti delle pulegge, come si usava un tornio meccanico, la saldatura e tutto
quello che gli passava per la testa me lo diceva come fosse il mio maestro di
bottega.
foto
a lato:
i
meccanici di Anghiari:
da
sinistra: il mio babbo Laurino Del Sere, Lodovico Magi, Tonino, Agolini Nilo,
Giuseppe Giorni e in basso Mario Senesi
in
una foto risalente alla cena del 13 dicembre 1960 in occasione della festa della patrona dei
meccanici Santa Lucia
L'aneddoto che ricordo con molto piacere si riferisce ad un
episodio che mi piace ricordare di questa figura veramente stravagante. Infatti
un giorno il sor re mi venne a cercare per restaurare una bella cassaforte di
proprietà del Vescovo di Arezzo. Pino doveva aggiustare le serrature e a me mi
dette l'incarico di ripulire la parte esterna di ferro rispettando il più
possibile la patina originale.
Mi ricordo che prima di ripulire la cassa feci dei saggi come si fanno per le
opere dipinte, ripulendo una piccola parte riquadrata con del nastro di carta
per ritrovare la vernice originale e proporre l'eventuale trattamento finale. A
questo punto Pino doveva consultare l'importante committente che doveva dare il
via all'esecuzione del "restauro". Il Vescovo non tardò ad arrivare e
nel pomeriggio si presentò in bottega. Il vescovo scese dalla macchina e Pino
gli andò incontro, mi aspettavo sussegui e inchini come si fanno per
l'importante prelato ma Pino lo accolse come un prete comune - reverendo come
sta- e con repentini saltelli ritmati evacuava ripetuti peti, forse per
sottolineare che anche se era un alto prelato al mondo siamo tutti uguali. Il
vescovo conoscendo il carattere di Pino non si scompose anzi stava al gioco e come
fosse una cosa normale, guardò il lavoro e dette il suo consenso a procedere al
restauro. Questo era il grande Pino.
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